Negli Usa è raddoppiato l’incremento dell’indice di massa corporea rispetto al periodo pre-Covid mentre in Italia circa 4 bambini su 10 in Italia hanno modificato le proprie abitudini alimentari durante la pandemia. A lanciare l’allarme nei confronti della ‘Covibesity’, termine comparso in letteratura scientifica per descrivere l’aggravamento dei tassi di obesità dovuto al confinamento causato dal Covid è la Società Italiana di Pediatria (Sip) che lancia un appello a ripristinare sani stili di vita messi a dura prova in quasi due anni di pandemia.
Secondo uno studio del CDC (Centers for Disease Control and Prevention) Usa condotto su oltre 432 mila bambini e ragazzi tra 2 e 19 anni, il tasso di incremento dell’indice di massa corporea (che misura il rapporto tra peso e altezza) è raddoppiato rispetto al periodo pre-pandemico, mentre la percentuale di bambini e ragazzi obesi in un anno è passata dal 19,3% al 22,4%. E chi era già in sovrappeso lo è diventato ancora di più, ‘guadagnando’ oltre mezzo kg al mese, un ritmo di crescita che in 6 mesi significa 3-4 kg in più, più del doppio di quello che dovrebbe essere il giusto aumento di peso.
Per i bambini e gli adolescenti italiani, che già prima della pandemia registravano tassi di sovrappeso pari al 20,4% e di obesità pari al 9,4%, il quadro non sembra essere molto diverso. Studi hanno dimostrato come il 40% dei bambini ha modificato le proprie abitudini alimentari durante la pandemia, il 27% ha mangiato di più, incrementando il consumo di snack (60,3%) e succhi di frutta (14%). Di contro, è aumentato di circa 5 ore al giorno il tempo passato davanti a uno schermo nei bambini tra 6 e 18 anni (complice la Dad). Ad esser peggiorati con la pandemia anche i disturbi dell’alimentazione, cresciuti del 30%.
“Alla luce di questo scenario diventa ancora più importante promuovere una corretta alimentazione perché l’epidemia dilagante di obesità infantile, aggravata dalla pandemia, è più silenziosa ma altrettanto pericolosa di quella generata dal Covid-19”, afferma Annamaria Staiano, presidente Sip e professoressa ordinaria di Pediatria all’Università Federico II di Napoli.
Sono sempre gli esperti della Sip a dare dei consigli su come invertire questa tendenza. Alimenti sani, 5 pasti al giorno e 5 pasti a settimana consumati in famiglia sono alcune delle strategie per ridurre il rischio di obesità indicate in un manifesto in 7 punti redatto proprio dalla Società Italiana di Pediatria per il progetto “Non siete soli” di ENI Foundation.
“Il modello alimentare di riferimento è la dieta mediterranea, ricca di alimenti di origine vegetale, caratterizzata dall’impiego di olio di oliva come principale fonte di grassi aggiunti e da un consumo moderato di pesce, uova, pollame e prodotti caseari abbinato ad un ridotto consumo di carne rossa. Diversi studi hanno dimostrato che minore è l’aderenza al modello mediterraneo e maggiore è la prevalenza di sovrappeso”, spiega Elvira Verduci consigliere nazionale Sip e professore associato di Pediatria all’Università degli Studi di Milano.
Nell’ambito del progetto la Sip promuoverà iniziative nelle scuole e distribuirà agli 11 mila pediatri che aderiscono alla Società Scientifica un poster che riassume 7 consigli da tenere a mente. Innanzitutto, consumare almeno 5 pasti alla settimana in famiglia, per promuovere l’adozione di sane abitudini, e consumare 5 pasti al giorno, ovvero due spuntini oltre ai tre pasti principali. Non saltare la prima colazione: farlo porta a un consumo di alimenti eccessivo nelle ore successive rispetto alla spesa energetica giornaliera. Limitare alimenti da fast food, snack a elevato contenuto energetico, ricchi in grassi saturi, zuccheri raffinati e sale. Limitare le bevande zuccherate e attenzione, inoltre, alle porzioni degli alimenti, che devono essere corrette in base all’età. Infine, incoraggiare un’attività fisica giornaliera di intensità moderata-vigorosa per almeno 60 minuti e limitare il tempo speso davanti agli schermi, specialmente durante i pasti.